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Crisi economica: e se la soluzione fosse nel terziario?

Posted by on March 23, 2010 at 9:35 am.

Blog - OfficeIl terziario, o meglio i tanti terziari, in Italia conta 2,9 milioni di imprese (il 55,4 per cento delle aziende complessive), 15,5 milioni di occupati (il 66,5 per cento del totale) e il 71% del valore aggiunto prodotto (mille miliardi di euro). Questi i dati dell’ultimo rapporto del Censis presentato a Roma pochi giorni fa. Se queste sono le dimensioni, sarà in grado questo settore di farci uscire dalla crisi?

Gli esperti del Censis sono ottimisti: il 50 per cento del valore aggiunto nazionale è, infatti, riferibile ai servizi privati di mercato (dal commercio al turismo, dai trasporti ai servizi finanziari, alle attività professionali), il 21 per cento al sistema pubblico e ai servizi alla persona.

Se si guarda al livello di produttività, poi, spicca il terziario “privato” (70.960 euro) rispetto a quello “pubblico” (41.187 euro). Due cifre che la dicono lunga su come forse le privatizzazioni possano contribuire ad aumentare la produttività dell’intero sistema paese, al di là di ogni ostilità puramente ideologica.

E ancora, dal valore aggiunto si possono capire i terziari che “producono” di più: è cresciuto in termini reali poco nel commercio (+1,8%, che inoltre ha registrato 136 mila cessazioni di imprese nel 2009) e nei servizi professionali (+2,5%), mentre è volato nelle telecomunicazioni (+14,3%) e nei servizi bancari e finanziari (+27,3%).

A favore del terziario, rispetto all’industria e all’agricoltura, per lo sviluppo del paese giocano anche i numeri sull’occupazione: negli ultimi quindici anni sono stati attivati 3 milioni i posti di lavoro nei servizi, in gran parte nel lavoro dipendente, mentre nello stesso periodo, l’industria ha perso 72 mila posti di lavoro e l’agricoltura 468 mila. Considerevoli gli incrementi nel turismo (+13,4 per cento) e nella grande distribuzione (+14,7 per cento).

Anche se la crisi sembra aver intaccato anche questo settore, che sembrava più immune rispetto a quelli strettamente connessi con la produzione di beni, come rileva Giuseppe Berta dell’Università Bocconi su Il Sole 24 ore:

“Il mondo del mercato immobiliare così come, ancora prima, quello della new economy, hanno cessato di attrarre lavoratori. Il pubblico impiego è bloccato dai vincoli di bilancio e dalle esigenze di contenimento della spesa pubblica. Lo stesso universo dei servizi alle imprese, che ruota attorno alle attività di consulenza (…) sta scontando un’inevitabile battuta d’arresto. La conseguenza è che nei primi tre trimestri del 2009 l’occupazione terziaria è diminuita dello 0,8% rispetto al periodo analogo dell’anno precedente”.

Un altro problema, infine, è la bassa intensità di internazionalizzazione, che invece potrebbe essere una strada per lo sviluppo del terziario, nonché un valido sostegno per l’export del made in Italy. Utile, in questo senso, il confronto con le realtà straniere presenti in Italia, come ha fatto il Censis:

“Le multinazionali straniere in Italia attive nel terziario corrispondono al 32 per cento delle imprese italiane di servizi presenti all’estero, ma occupano un numero di addetti pari al 127 per cento e realizzano un fatturato pari al 156 per cento di quelle italiane internazionalizzate. La ridotta dimensione aziendale non consente di operare sui complessi mercati internazionali: se non si è grandi, non si va all’estero con successo”.

Fonte: Panorama.it


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